Come abbiamo già sottolineato nei precedenti articoli sulla salute degli impianti e del relativo ruolo di amplificatori, l’attenzione mediatica non si è ancora sufficientemente posata sul rischio di aerodiffusione del patogeno negli ambienti chiusi.
Tuttavia, ribadiamo vi sono chiari indizi empirici nonchè sperimentali, che non ci possono far escludere questo rischio.
L’ISS – istituto superiore di sanità – già nei suoi rapporti di metà marzo, raccomandava come buona prassi precauzionale di ventilare frequentemente gli ambienti, inoltre uno studio sperimentale pubblicato nel medesimo periodo sul New England Journal of Medicine, dimostrava che sia un ceppo di Sars-Cov (responsabile dell’epidemia di SARS del 2003) sia Sars-Cov 2 (l’attuale responsabile di COVID-19) sono in grado di permanere in sospensione nell’aria almeno per 3 ore in condizioni di laboratorio. Per intenderci, questo stesso studio era quello che ci informava sul diverso grado di permanenza del virus sulle superfici (plastica, carta, acciaio inossidabile, rame etc.).
Sars-Cov era già all’attenzione degli infettivologi ed epidemiologi riguardo la sua alta capacità di diffondersi in ambiente e pare che il suo “parente” attualmente in circolazione mantenga le medesime caratteristiche. Questo stesso studio suggerisce che le differenze nelle caratteristiche epidemiologiche di questi due virus probabilmente derivano da altri fattori, tra cui l’elevate cariche virali nel tratto respiratorio superiore ed il potenziale rischio di trasmissione anche da parte di infetti mentre sono asintomatici.
Questi risultati indicano che la trasmissione da aerosol di Sars-CoV-2 è plausibile, poiché il virus può rimanere vitale ed infettivo negli aerosol per ore e su superfici fino a giorni. Questi risultati fanno eco a quelli ottenuti con Sars-Cov, in cui queste forme di trasmissione erano associate a eventi nosocomiali di diffusione e super-diffusione e dovrebbero pertanto aver fornito informazioni importanti per gli sforzi di mitigazione della pandemia.
Agenzie di stampa riportano nelle ultime ore che anche OMS sta pensando di rivedere i propri protocolli in virtù delle ulteriori conferme su queste evidenze. Non dobbiamo essere miopi: il rischio di tramissione da aerosol è concreto ed in ambiente chiuso i sistemi di aerazione, se non adeguatamente mantenuti ed utilizzati, diventano inevitabilmente amplificatori e diffusori di aria contaminata (vedi anche “Guerra al Covid-19: la ventilazione negli ambienti“).
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