Trovandoci spesso ad operare su impianti idrici vetusti, capita sovente di dover affrontare un elevato grado di contaminazione microbiologica, che è solitamente il campanello di allarme che porta poi ad effettuare attività di bonifica profonda per riportare l’impianto ad uno stato di igiene conforme.
Nel caso di impianti posati con materiali e metodi del secolo scorso, come ad esempio tubature in ferro, il grado di contaminazione è sempre coinciso con un elevato grado di incrostazione di tipo ossidativo che, a lungo andare, ha comportato un calo progressivo e costante nelle prestazioni di circolazione dell’acqua, più evidente nei circuiti di acqua calda sanitaria, ma evidenti anche in quelli di adduzione di acqua fredda da acquedotto.
La conoscenza diffusa su questi fenomeni ha sempre portato a pensare che la principale causa del fenomeno fosse l’elevato grado di durezza dell’acqua – ovvero la quantità percentuale di calcio, sodio ed altri ioni metallici disciolti nell’acqua – e la reazione indotta con la superficie interna dei tubi, soprattutto in caso di periodi di stagnazione, innescando tutta una serie di processi in grado di depositare strato su strato materiale precipitato arrivando ad occludere gran parte della sezione del tubo.
In realtà è molto probabile che questo fenomeno non sia la manifestazione di processi esclusivamente chimico-fisici, ma in parte anche biologici: si è scoperto recentemente, per puro caso, dell’esistenza nelle acque di linea di batteri chemiolitoautotrofi, ovvero batteri in grado di sopravvivere e proliferare grazie al solo “consumo” di metalli, in grado di estrarre da essi l’energia necessaria al proprio sostentamento (per approfondimenti vedi link di bibliografia sotto l’articolo).
Non è quindi escludibile a priori, senza ulteriori studi e pubblicazioni, l’esistenza di un collegamento diretto tra la presenza di questi batteri che producono energia da materia inorganica e di una catena trofica più complessa dove anche i patogeni, tra cui Legionella spp. ed altre specie ubiquitarie potenzialmente patogene, possano trovare condizioni ideali e disponibilità di tutti quei fattori che sappiamo essere condizioni ideali di accrescimento.
Restiamo in attesa di nuove prove che possano darci ogni elemento di valutazione in più per la conoscenza del problema, capire che cosa porta allo sviluppo di patogeni e poter disporre di nuovi metodi per poter eliminare il rischio dai nostri impianti.
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Note biblio: https://www.nature.com/articles/s41586-020-2468-5 https://www.microbiologiaitalia.it/batteriologia/chemiolitoautotrofi-finalmente-identificati-i-batteri-che-si-nutrono-di-manganese/
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